Formazione al carisma
dei Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo
Il seme che muore e porta frutto

 Nell'approfondimento del nostro carisma non si può non tenere conto della particolare esperienza di Madre Carolina che, essendo lo strumento scelto dal Signore per la trasmissione dei suoi desideri, è stata da lui accolta con tutte le sue virtù, i suoi pregi e i suoi difetti.
 Sappiamo che quando il Signore vuole manifestarsi, e sceglie a questo scopo una creatura, il suo messaggio passa attraverso il filtro della personalità dello strumento scelto, ricevendone una particolare connotazione. È il mistero della condiscendenza divina, per cui il Signore non disdegna di mettere i propri doni (e anche se stesso) nelle mani dell'uomo, pur conoscendo l'imperfezione della natura umana, perdipiù ferita dal peccato originale.
 Nel nostro caso, lo possiamo vedere molto chiaramente nel linguaggio usato negli scritti, che è molto simile sia quando parla M. Carolina che quando parla Gesù, che assume perfino le espressioni dialettali di lei.
 Ma è vero anche il contrario, che cioè man mano che il contatto con il Signore perdura nel tempo, lo strumento ne fa sue in qualche modo la personalità, i desideri, le attese e così vediamo spesso delle espressioni di M. Carolina che anticipano le stesse usate da Gesù. Questa breve premessa vorrebbe introdurci all'approfondimento di questo mistero d'amore per quanto riguarda l'aspetto della sofferenza, che pervade tutti gli scritti di M. Carolina, e potremmo iniziare proprio considerando la sua formazione. Sappiamo che M. Carolina ha avuto un'infanzia segnata dalla perdita precoce della madre, morta quando lei aveva solo cinque anni e che, ancora adolescente, ha attraversato la prima guerra mondiale vivendola dal di dentro, abitando in una terra di passaggio per le truppe. Successivamente, all'età di quarantadue anni, in seguito ai disastri materiali e, soprattutto, spirituali, provocati dalla seconda guerra mondiale, si offre vittima a Gesù per risollevare la società lacerata dai molti conflitti.
 Della sua scelta di consacrazione non sappiamo molto, ma sappiamo che la spiritualità dell'Istituto Canossiano si fonda sull'imitazione di Gesù Cristo Crocifisso e ha come Patrona la Vergine Addolorata.
 La sofferenza non è un'esclusiva di chi si consacra totalmente a Dio, e neppure dei soli cristiani: ogni uomo ne fa esperienza. I cristiani ne conoscono però, per la rivelazione di Gesù, il suo significato redentivo, e sono chiamati a valorizzarla nella propria vita, non solo a sopportarla, tanto che Gesù dice: «Chi non prende la sua croce e non mi segue non può essere mio discepolo». Per la sua particolare scelta di consacrazione e per la sua offerta a vittima, si capisce che M. Carolina ha colto molto bene questo aspetto della partecipazione all'opera redentrice di Gesù, e a darne ulteriore testimonianza sono proprio i suoi scritti, dove non c'è praticamente una pagina che sia priva del richiamo alla sofferenza.
 Gesù, da parte sua, chiede a M. Carolina, e per suo tramite anche a noi, di dare consolazione al suo S. Cuore, amareggiato per la perdita di tante anime. Si stabilisce così in M. Carolina, una sempre maggiore unità di pensieri e di desideri secondo la volontà del suo Signore.
M. Carolina, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non ha avuto un carattere introverso o chiuso, non è vissuta estranea alle necessità della propria Comunità "per essere tutta del suo Signore", ma anzi era proprio lei che spingeva la Comunità a conoscere i problemi della società, con la lettura del giornale nei momenti di ricreazione. Nel suo ufficio di portinaia e di telefonista coglieva le opportunità per soccorrere e consolare le persone che le si rivolgevano e, infine, aveva un carattere allegro e vivace. Da tutto questo ne risulta una personalità tutt'altro che "patipsichica", come ebbe a scrivere di lei qualcuno.
La partecipazione al dolore e alla sofferenza di Gesù non è nemmeno una prerogativa di un particolare carisma, ma piuttosto assume diverse sfumature ed accentuazioni da caso a caso perché, come già detto, tutti siamo chiamati a portare la nostra croce, se vogliamo essere autentici discepoli. Ci domandiamo allora: come dev'essere vissuta dai Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo e perché è così fortemente sottolineata negli scritti? Su quest'ultimo aspetto, in particolare, oggi non mancano le occasioni per una continua riflessione, a partire dalle difficoltà che, sia in ambito religioso sia in ambito sociale, ci si impongono e, inoltre, per trovare la risposta non ci possiamo scostare dagli insegnamenti di Gesù e dalla vita e opere di M. Carolina e P. David. Infatti potremmo metterci di fronte alle diverse e apparenti contraddizioni o difficoltà della vita, come coloro che attendono un particolare "evento risolutore" che sblocchi istantaneamente le cose, per cui tanto o poco che si faccia è sempre uguale perché "non è ancora il momento". Oppure potremmo affannarci dalla mattina alla sera facendo da noi stessi, travolti dal tentativo di guadagnarci i nostri metri di terra. Anche facendo così si soffrirebbe, ma sarebbe una sofferenza sterile, perché non vissuta secondo la volontà di Dio.
 Una terza via invece, dolorosa, nascosta, silenziosa, conforme alla sua volontà, è quella di chi opera mettendoci tutto se stesso, ma consapevole che dietro ogni evento, anche incomprensibile, c'è il misterioso piano di Dio che conduce la nostra storia e quella dell'umanità. Non aspettarsi, quindi, che piova tutto dal cielo, "perché tanto ogni nostro sforzo è inutile", né indispettirsi perché non si ottengono i "successi" sperati. La terza via è quella presa da M. Carolina, vissuta da P. David e voluta da Gesù: sacrificio, nascondimento, azione, ma non una cosa senza l'altra: tutte e tre insieme. Potremmo riassumere molto efficacemente il concetto con l'immagine parabolica del seme che deve prima morire per dare frutto abbondante. Il seme è nascosto, si sacrifica nel silenzio dell'attesa e del morire, ma opera anche, nella scelta volontaria e quindi, in definitiva, operosa, di sacrificarsi per un ideale molto più grande e alto delle proprie vedute limitate.
 Ma perché questa accentuazione di dolore e di sacrificio nell'Opera dello Spirito Santo? Una risposta: perché i Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo devono fare come fa Lui! E come agisce lo Spirito Santo? In modo del tutto nascosto, tanto che Gesù ha dovuto chiedere espressamente l'impegno per conoscerlo, amarlo, glorificarlo, ecc. Agisce per condurre le anime a Gesù, non a se stesso, rimanendo sempre nell'ombra (si sacrifica, in un certo senso, per la gloria di Gesù). Agisce per conformare a Gesù le anime, e la massima conformazione a Gesù si ha sulla croce, prima di giungere alla risurrezione. E agisce, infine, come nessun altro: i suoi molteplici titoli "Spirito Creatore", "Spirito Santificatore", "Signore che dà la vita", "Ha parlato per mezzo dei profeti", "Regge e governa l'universo", ecc., ne sono una chiara testimonianza.