L'attributo più glorioso

 Il 7-12-1966 Gesù dice alla Povera Anima: «L'attributo che maggiormente farà breccia nel presentare questo nuovo appello del mio Cuore, in onore dello Spirito Santo, sarà quello a Lui più glorioso, cioè "Potenza Divina d'Amore". Comprendi? Potenza Divina, ma Potenza d'Amore».

Commento

 Nell'Antico Testamento troviamo spesso che i due termini "Spirito di Dio" e "potenza di Dio" sono legati insieme; il Nuovo Testamento coniuga sovente sia il binomio "Spirito e potenza", sia il binomio "Spirito e amore divino"; possiamo dire allora che l'attributo dato da Gesù allo Spirito Santo "Potenza Divina d'Amore", possiede un solido fondamento biblico. I testi di riferimento sono numerosissimi: scegliamo, come esempio per tutti, la storia di Sansone e Dalila perché il racconto biblico, che mostra un vicenda di seduzione e inganno, sembra fatto apposta per parlare ai nostri giorni. Il nostro eroe, sul quale era discesa la potenza dello Spirito di Dio (cfr. Gdc 13,25), si innamora di Dalila, e questa viene convinta con denaro dai nemici d'Israele, i Filistei, a cercare di sottrargli il segreto della sua forza. Per un paio di volte lui riesce a non svelarlo ma alla fine cede rivelandole che, essendo un consacrato di Dio, non è mai passato rasoio sulla sua testa e solo togliendo questo segno diventerebbe debole come ogni uomo: «Essa lo addormentò sulle sue ginocchia, chiamò un uomo adatto e gli fece radere le sette trecce del capo» (Gdc 16,19). I Filistei lo fanno finalmente prigioniero, lo accecano e ne usano le residue forze per fargli girare una macina.
 L'attuale società consumista ed edonista, rappresenta la novella Dalila che seduce e inganna bambini, giovani, adulti e anziani con la complicità dei mezzi di comunicazione di massa (cioè dei nuovi Filistei). Lo scopo è sempre quello "Tagliare le sette trecce" per indebolire le forze dell'uomo e renderlo schiavo mediante la persuasione, la manipolazione, il conformismo patologico di gruppo e il lavaggio del cervello. Il più delle volte noi non ci rendiamo conto di quanto sia nocivo l'influsso dei mass-media sulla nostra personalità, quando non vengono usati con intelligenza e con prudenza. Il loro potere influisce sulla nostra percezione del mondo, sulla costruzione di quegli schemi mentali inconsci con cui codifichiamo il mondo e che influenzano le nostre scelte quotidiane.
 L'aggressività dei messaggi mediatici, subita senza un'opportuna lettura critica, può portare a una "lobotomia dell'anima": cioè questi mezzi cercano di ritagliare degli spazi entro i quali collocare la persona, escludendo tutto ciò che non appartiene al loro progetto squisitamente commerciale. Il rischio viene paventato dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura. Cosa fare allora?
 Farsi ricrescere le "sette trecce", cioè riempirsi dei sette doni dello Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timore di Dio, per riacquistare la forza di Dio in noi. È scritto in Efesini (6,10-12): «Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti». Questo testo c'insegna alcune verità cruciali: possiamo essere forti solo nella potenza del Signore; è l'armatura di Dio che ci protegge; il nostro combattimento è contro le forze spirituali della malvagità di questo mondo di tenebre.
 In molti messaggi Gesù manifesta la sua preoccupazione per i tempi in cui viviamo, tempi difficili nei quali l'umanità è trascinata da tanti errori alla perdizione e l'esistenza della Chiesa è minacciata; Egli, che è il nostro Salvatore e Liberatore, viene ad offrirci un'àncora di salvezza mettendo nelle mani della sua Chiesa un nuovo mezzo: la glorificazione dello Spirito Santo.
 Perché questo mezzo e non un altro? Perché lo Spirito Santo nella Santissima Trinità è la Persona-Amore; è il reciproco soffio d'amore tra Padre e Figlio e come dice Sant'Agostino: «Il Padre è l'amante, il Figlio è l'amato e lo Spirito Santo è l'amore». Affinché l'uomo fosse partecipe di questa eterna comunione d'amore, Gesù ha istituito il Sacramento del battesimo mediante il quale: «L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato in dono» (Rm 5,5).
 «L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente se stesso. L'uomo non vuole ricevere da Dio la sua esistenza e la pienezza della sua vita. Vuole attingere egli stesso dall'albero della conoscenza il potere di plasmare il mondo, di farsi dio elevandosi al livello di Lui, e di vincere con le proprie forze la morte e le tenebre. Non vuole contare sull'amore che non gli sembra affidabile; egli conta unicamente sulla conoscenza, in quanto essa gli conferisce il potere. Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in modo autonomo la propria vita» (dall'omelia di Benedetto XVI nella solennità dell'Immacolata Concezione di Maria, 8 dicembre 2005). La tragica conseguenza di questa scelta fatta da molti uomini contemporanei è la durezza di cuore. I rapporti umani di conseguenza sono diventati formali, strumentali, freddi, perdendo quell'affabilità, quel calore che contraddistingue ogni incontro interpersonale; si va perdendo insomma quella capacità di accogliere l'altro nel proprio cuore. È necessaria quindi un'inversione di marcia che metta al primo posto l'Amore e non il potere, per costruire la civiltà dell'amore come desiderava il Papa Paolo VI: «Possiamo considerare la Pentecoste come il giorno della nascita della Chiesa, che è un grande fenomeno storico, sociale, umano e spirituale... Scaturisce da essa una nuova sociologia, quella penetrata dai valori dello spirito, quella che descrive la gerarchia dei valori... È la civiltà dell'amore e della pace che la Pentecoste ha inaugurato» (cfr. Paolo VI, Regina Coeli, 17 maggio 1970).